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Recensioni

"Sono indotto a pensare che le esili raccolte, intime e toccanti, che discretamente negli anni ci ha regalato avessero l'ufficio di aprire il cammino a questo suo singolare poema.

Non è che non valessero in sè, lei sa quanto le ho amate. Ma nella realtà complessa della psiche profonda e della profonda coscienza doveva maturare il momento in cui lei si decidesse a trarre dalla oscurità e dalle evidenze del suo passato questo testo lieve e forte. Che è un canto assolutorio, sì, ma anche rivelatorio, perchè intorno al suo nucleo di reminiscenza e di sofferenza s'illumina il senso e il valore delle cose che restano nel tempo, quotidiane, fedeli a se stesse; paragone continuo per la ansiosa mente umana.

Tutto questo accade all'interno di una più ferma grazia di visione e di ritmo. Mi pare qualcosa di insolito e di prezioso, di cui allietarci noi tutti.".

 

                    Mario Luzi

 

 

 

(Mario Luzi, in presentazione al poemetto "Rosa di Grazia").

"Della sostanza non so, / muterò senza sorpresa.

 

Sono due versi di Annarosa Del Corona, versi che non a caso mi sono rimasti in mente imponendosi su tanti altri. C'è in lei un continuo movimento, quel senso della metamorfosi che fra l'altro è uno degli elementi più originali e caratterizzanti della poesìa del nostro secolo. E così si avverte per forza di stile, forse per la scansione, le rotture, le riprese a spirale che talvolta rimandano a Dino Campana. Questa voce che ci giunge dalla Maremma si distanzia da qualsiasi eco assertiva carducciana, e con poche ombre, pochi aggettivi e molto fervore ci restituisce il messaggio della Sibilla: lasciaci prendere per mano da una suggestione che per diversissime strade ci riporti al centro e al profondo di noi stessi.

 

     Maria Luisa Spaziani

 

 

(Maria Luisa Spaziani, in prefazione a "Il Mutamento").

"Lo disse la nostra scrittrice: i poeti cercano e cambiano la verità, dovunque, più che altro entro di sé. Il canto che ne deriva è affranto e sgomento perchè i poeti sanno quanto la vita sia pronta a sommergerci. Annarosa Del Corona descrive il mondo non in modo referenziale ma per rapportarlo di continuo ai fatti del suo cuore, alla sua vita e alla sua morte, a quell'amore che non finirà mai, anche perchè il Nulla lo sfiora di continuo ma non lo uccide. Come l'infanzia, che ancora vive in lei, gli odori delle pesche e delle viole, i seni appena accennati. La luce degli accadimenti rimane... Ne esce un baluginare continuo di immagini ricche, inconsuete. Ha ragione Luzi: scandisce il tempo, il millennio, mentre vi si muove dentro, vi respira la bellezza creativa degli accostamenti verbali anche per attenuare lo strazio del vivere, con l'inconscio sempre in agguato a suggerire il senso della colpa o della fine…".

 

                Dino Carlesi

 

 

 

(Dino Carlesi, dalla prefazione di "Umano, Segno e Canto").

"Per questa appassionata suite Annarosa Del Corona ha trovato il titolo giusto e illuminante. Questo millennio muore può essere letto come lemma d'una semplice ovvietà e può essere invece, scandito sillaba per sillaba nella nostra coscienza e nelle nostre fibre vitali, il tic-tac allarmato di un orologio universale che drammatizza il tempo del mondo e il tempo dell'uomo nel loro procedere. E infatti, a me sembra, il movimento arioso ed estroso che è costante nei versi di Annarosa prende senso questa volta proprio dalla percezione profonda del transito e del congedo; ma anche, direi, dell'attesa e della speranza. Prevalgono, sì, nelle immagini e nelle evocazioni strazianti rimorsi di uno splendore sacrificato e violato, ma l'incognita del divenire è pur sempre aperta.

Libero e tuttavia compatto nel tono e nella visione, il poemetto vorrebbe essere testamentario, ma ci arriva piuttosto come il canto di un amore quasi trafelato alla vita. E così lo ho doppiamente caro.".

 

                  Mario Luzi

 

 

(Mario Luzi, dalla prefazione di "Questo millennio muore").

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